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Buoni propositi per il 2022!

Vendere all'estero per il 2022

I desideri delle PMI italiane per migliorare il loro business quest’anno

Da un’indagine che ho svolto nella seconda metà del 2021* sono emersi i seguenti desideri delle PMI italiane.

Riflessioni sui possibili scenari per uscire dalla crisi degli ultimi anni. Sono vari, diversi tra di loro, lungimiranti e coraggiosi. Espressi da tanti, ma solo pochi si sono mossi per metterli in atto lo scorso anno. Così ce li troviamo ancora attualissimi e ce li portiamo nell’anno nuovo come buoni propositi per il 2022.

I 2 anni del Covid ci hanno scombussolato, sconvolto, ci hanno tolto la nostra zona di comfort e siamo se lo vogliamo o no per forza alla ricerca di nuove soluzioni. Per alcuni la soluzione potrebbe essere più vendite e presenze online per altri la riduzione del carico fiscale, …

Abbiamo il coraggio di cambiare?

A volte è bello sognare – ma poi … cos’è successo? Ci è mancato il coraggio, cambiare era troppo faticoso e non avevamo le energie, non sapevamo a chi rivolgerci, non ci siamo sforzati per trovare la chiave adatta per la soluzione adatta o forse perché sognare è bello finché non bisogna passare all’azione? Ormai tutti abbiamo sentito la famosa frase di A. Einstein che dice La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. E sappiamo che per cambiare ci vogliono energie, bisogna essere presenti, mettersi in gioco e ovviamente anche investire soldi che con l’andare del tempo ci ripagheranno. Ultimamente invece quello che le PMI italiane dicono è: “noi abbiamo sempre lavorato così”, “non sono tempi”, “non c’è grasso che cola” e altre frasi simili.  E’ ovvio che con impostazioni mentali di questo genere non si parte e soprattutto non si arriva da nessuna parte.

La crisi non è una scusa

Invece proprio nei periodi di crisi è più facile cambiare perché la crisi ci “costringe” a pensare, a rivalutare, a rifare i conti con noi stessi (e quello che ci circonda) e a tirare fuori il coraggio perché o si trovano soluzioni o si va incontro a una fine (immediata o spesso anche lenta). 

Qualche giorno fa ho scoperto cosa significa RPA (Robot Process Automation = automazione robotica dei processi ripetitivi) o per spiegarlo meglio “far eseguire in modo automatico attività semplici e di scarso valore aggiunto per l’azienda a software intelligenti” – in qualsiasi tipo di azienda e soprattutto per attività dove nelle aziende italiane vengono impegnate ancora tantissime persone (amministrazione, magazzino e logistica, back office,…). Nello stesso periodo ho scoperto che un collega di liceo ormai direttore di un grande gruppo assicurativo con la RPA ha automatizzato 20 processi di back office e questo gli ha permesso invece di licenziare, assegnare il personale in esubero a mansioni più importanti che finora non erano coperte in modo adeguato, questo gli ha aiutato di aumentare la produttività e gli sono avanzati anche dei soldi per le assunzione, per poter realizzare idee/attività nuove. È contento della scelta – dice che il RPA funziona senza errori, non ha licenziato nessuno ed è riuscito a mettere in atto le idee che aveva da tempo con il personale appena assunto. Complimenti – e il tutto nella piena crisi del Covid! Pensare in questo modo è all’ordine del giorno non solo in Germania e in Austria ma perfino in Croazia. E in Italia? Abbiamo il coraggio necessario per rischiare di stare meglio o a volte anche per sbagliare (perché sarebbe facile poter aumentare il fatturato il giorno dopo che il cambiamento è stato messo in atto). Purtroppo la bellezza sta nel rischio … nel coraggio … e nella perseveranza dell’obiettivo.

L’internazionalizzazione può essere una delle soluzioni

Torniamo a cose che forse sono meno fantascientifiche. Dalla mia indagine è emerso che la maggior parte delle PMI (e non solo) vede il proprio futuro vendendo all’estero (42%). Concordo, l’internazionalizzazione fa aumentare il fatturato, fa crescere il portfolio clienti e seguite tutte le regole per il paese nel quale si esporta garantisce pagamenti regolari e un futuro assicurato.

Le premesse sono allettanti, ma siamo pronti per: 

  • imparare una lingua nuova e/o assumere del personale che lo parla e si occupa della gestione dei clienti nuovi?
  • controllare/riorganizzare la produzione e il processo commerciale per poter rispondere alle richieste che saranno in aumento?
  • investire nella Lead Generation?
  • cercare nuove forme con le quali farsi conoscere (perché all’estero il prodotto non si vende da solo)-
  • e soprattutto lavorare con le regole del paese nel quale esporteremo?

Perché all’estero non basta dire “il mio prodotto è il meglio che ci sia”. Perché?  Perché .. “la tradizione” … “lo facciamo da 4 generazioni” … o torniamo al famoso … lo “abbiamo sempre fatto così” in un paese e settore dove non ci conosce nessuno, anzi non si fida perché siamo stranieri e dove c’è una concorrenza spietata … o sperare … che qualcuno ci troverà in internet … non funziona!

Diamoci da fare. Auguriamoci oltre a realizzare qualche desiderio dell’indagine  anche di aprire la mente e diventare dei nuovi noi stessi e avere un 2022 con risultati diversi. Perché anche nella crisi è possibile.


*un campione di 120 PMI del nordest di imprese operanti nei settori artigianato, servizi e industria

1 Comment

  1. Anonimo ha detto:

    Ottima analisi! Confermo le tue osservazioni sull’internazionalizzazione aggiungendo che il “made in Italy” aiuta ma ormai non basta più!

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